Le Metafore Psicologiche nei Cantautori Italiani

Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci a esprimerlo con le parole.
Fabrizio de Andrè, Un matto, 1971

Il cantautore è colui che scrive canzoni e le canta. La parola contiene il termine autore, che deriva dal verbo latino augeo, che significa accrescere, aumentare. L’autore infatti, con la propria opera accresce la realtà. L’Italia vanta una ricca e importante tradizione cantautorale, nata tra gli anni sessanta e settanta e che ancora oggi continua. Sui testi dei cantautori si potrebbero scrivere trattati interi (alcuni ne sono stati scritti), ma qui vorremmo concentrarci sulle metafore che caratterizzano le canzoni d’autore, come del resto le sedute di psicoterapia.

L’uso delle metafore in letteratura si riferisce alla fusione di due o più immagini o idee allo scopo di creare una nuova esperienza, un nuovo ordine e significato. La metafora è una trasposizione simbolica di immagini, che consiste nell’utilizzo di un’immagine che ne rappresenta un’altra.

In ambito psicologico Gregory Bateson (1972) sottolineava come l’individuo sano di mente, si distinguesse dall’individuo psicotico, per la capacità di ragionare per metafore e di pensare in termini di “come se”. Secondo la teoria della metafora concettuale, la metafora non è solo un elemento di estetica del linguaggio, ma è un modo di organizzare il nostro mondo (Lakoff e Johnson, 2004), un modo di portare “a terra” concetti astratti emozioni, desideri, pensieri.

La metafora, utilizzata dal paziente o dal terapeuta, è considerata di grande importanza in ambito psicoterapico e viene studiata nell’analisi dei trascritti delle sedute di diverso orientamento. L’uso delle metafore rappresenta ad esempio uno degli elementi fondamentali del cosiddetto “modello conversazionale” della psicoterapia interpersonale psicodinamica.

Questo modello considera la metafora come una strada che guida verso la rappresentazione del mondo interno, verso la dimensione emotiva. Hobson in Forms of feeling sottolinea come sia importante in terapia “stare con” l’esperienza immediata, pronti a ricevere le immagini che emergono, in una modalità che l’autore definisce “attitudine simbolica”. La metafora è comunemente usata dai terapeuti per fornire vitalità ad un’idea, per amplificare la comprensione di un’esperienza o di un concetto, e per approfondire il livello di scambio emotivo tra il paziente e il terapeuta. Ogni volta sia possibile, il terapeuta dovrebbe cogliere le metafore importanti utilizzate dal paziente ed aiutare l’esplorazione e l’amplificazione dello stato d’animo correlato.

Utilizzano molte metafore soprattutto i cantautori più visionari come Francesco De Gregori, che si è ispirato soprattutto all’inizio al maestro americano Bob Dylan, o come Vinicio Capossela. Alcune metafore contenute nelle canzoni possono trovare uno spazio e un senso nel lavoro psicoterapico. Vediamone alcune.

“Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”

Ritornello indimenticabile de La leva calcistica della classe 1968 (1980) di Francesco De Gregari (come dicevo prima grande utilizzatore di metafore, anche più oscure di questa), che rappresenta la vita e le sue sfide con una metafora calcistica.

E’ inutile sottolineare quanto il calcio accenda la passione di milioni di italiani e possa rappresentare talvolta anche un argomento che entra nel setting psicoterapico per favorire la comunicazione, soprattutto con pazienti dall’affettività coartata. In questa metafora c’è una risposta a quell’attitudine di autorimprovero e di autocolpevolizzazione di fronte all’errore che caratterizza le persone che presentano schemi conoscitivi basati sul dovere-valore (Cionini, 1991). Quando prevale questo schema si costruisce il proprio sé come persona di valore solo nella misura in cui vengano raggiunti alti standard di prestazione. La metafora è un invito a non sentirsi amabili solo quando si dimostra di valore ottenendo un risultato (segnare il rigore), ma anche quando si gioca “bene”, con coraggio, fantasia e altruismo. Rimanendo in ambito calcistico è opportuno citare la canzone-metafora di Luciano Ligabue Una vita da mediano, una sorta di elogio del gregario, non dotato dei talenti del fuoriclasse, ma che con costanza e abnegazione resta “…lì sempre lì, lì nel mezzo…” fin che ce la fa. Anche il setting psicoterapico può essere rappresentato come un campo di allenamento per affrontare la vita, dove il gregario e l’allenatore lavorano duro con l’obiettivo della guarigione, che è un po’come vincere i Mondiali.

“Ho licenziato Dio, gettato via un amore, per costruirmi il vuoto nell’anima e nel cuore”

E’ l’incipit perfetto del Cantico dei drogati (1968) di Fabrizio de Andrè che introduce il tema del vuoto, che ricordiamo è incluso tra i criteri diagnostici del DSM-IV per il disturbo di personalità borderline (“sentimenti cronici di vuoto”). Faber mette in luce come il tossicodipendente elimini dalla propria vita i valori e gli affetti per creare un vuoto in grado di essere colmato da un’unica cosa: la sostanza. Nella pratica clinica con i cosiddetti pazienti “doppia diagnosi”, affetti da un disturbo psichiatrico e dall’abuso o dipendenza da sostanze è frequentissimo imbattersi in soggetti che soddisfino i criteri per il disturbo di personalità borderline, per i quali la sostanza può rappresentare il riempitivo del vuoto, in quella che è stata definita una sorta di autocura (Khantzian EJ, 1985). Successivamente nel testo Faber accenna al problema dei limiti, affrontato ampliamente nella terapia dialettico comportamentale per i pazienti borderline da Marsha Linhean (1993), usando altre preziose metafore “Mi citeran di monito, a chi crede sia bello, giocherellare a palla, con il proprio cervello. Cercando di lanciarlo oltre il confine stabilito, che qualcuno ha tracciato ai bordi dell’infinito”.

“Ma misi me per l’alto mare aperto, oltre il recinto della ragione, oltre le colonne che reggono il cielo…”

Recita la canzone Nostos (2011) di Vinicio Capossela, che parla del viaggio di Ulisse. L’avventura di Odisseo “oltre il recinto della ragione” può rappresentare metaforicamente anche un viaggio interno nel mare sconosciuto della propria mente e della propria immaginazione, ovvero un viaggio alla scoperta di sé. Ulisse era un viaggiatore solitario, mentre nella psicoterapia il viaggio si fa in due. Restando sempre in acqua possiamo ricordare la canzone La linea d’ombra (1997) di Jovanotti che dice “Mi offrono un incarico di responsabilità, portare questa nave verso una rotta che nessuno sa”. La canzone è ispirata all’omonimo romanzo di Joseph Conrad che tratta il tema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

“Stringimi forte, che nessuna notte è infinita”

Frase contenuta nel brano I migliori anni della nostra vita (1995) ci suggerisce come anche i dolori più intensi possono passare con il tempo e trasmettere quella speranza di cui c’è sempre bisogno quando si parla di sofferenza mentale.

“Mi sveglio e piove col sole”

Canta Massimo Bubola nella canzone Piove col sole (2002) descrivendo uno stato d’animo misto, in cui coesistono elementi contrapposti che caratterizzano l’ambivalenza, che possiamo trovare ad esempio come “vincolo ambivalente” nell’organizzazione ossessiva di personalità dove il comportamento genitoriale è sorretto da due esplicazioni antagonistiche (Cionini, 1991).

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