Decidere di curarsi è già un importante traguardo
Per la maggior parte delle persone con disturbo dell’alimentazione, la consapevolezza di avere un problema è scarsa e la paura di affrontare un cambiamento fortissima. La ricerca continua della magrezza, il mangiare senza controllo, le diete estreme, l’uso del vomito o dei lassativi, possono essere visti dalla persona che soffre di disturbi dell’alimentazione non tanto come un disturbo, ma piuttosto come una soluzione ai propri problemi. Il disturbo dell’alimentazione infatti è così ‘pervasivo’, cioè impegna così tanto la mente delle persone che ne soffrono, da portare all’illusione di poter tenere lontani gli altri problemi della vita. In realtà, invece, molti problemi sono causati proprio dal disturbo alimentare stesso.
Questo è il motivo per cui molte persone affette da disturbi dell’alimentazione (soprattutto nelle fasi iniziali della malattia) non chiedono aiuto o rifiutano addirittura un approccio terapeutico. Molti studi epidemiologici hanno riscontrato che solo una minoranza di soggetti affetti da questi disturbi presenti nella popolazione generale chiede un aiuto terapeutico.
Non sempre le persone che giungono nei centri specialistici hanno già maturato una vera e propria decisione di voler intraprendere una terapia per cercare la guarigione dal disturbo. In ogni caso, il contatto terapeutico permette in questi casi perlomeno di aprire un dialogo e di poter monitorare le eventuali complicanze sia mediche che psicologiche. Se una persona con disturbo dell’alimentazione non è ancora in grado di intraprendere un vero e proprio trattamento, viene di solito iniziato quello che viene definito da molti centri un ‘percorso motivazionale’, ossia un percorso psicologico che ha lo scopo di portare la persona a desiderare il cambiamento e la guarigione.
Essere ‘motivati’ al cambiamento vuol dire:
- riconoscere di avere un disagio (consapevolezza)
- sentire che la situazione crea una notevole quota di sofferenza
- credere nella possibilità di cambiare (senso di efficacia)
- essere disponibili a “mettersi in gioco”
- avere la forza e il coraggio di chiedere un aiuto.
Una corretta valutazione diagnostica
Per la cura dei disturbi dell’alimentazione è importante rivolgersi a centri specialistici che si occupano specificamente di questi problemi. Questo permette di poter effettuare prontamente una corretta diagnosi differenziale (cioè capire se si soffre di un vero e proprio disturbo dell’alimentazione), di effettuare tutte le valutazioni specialistiche necessarie (psicologiche, psichiatriche, internistiche e nutrizionali) e di ricevere indicazioni corrette sul trattamento da seguire.
Quando un soggetto con disturbi dell’alimentazione arriva ad una struttura specialistica è infatti indispensabile una corretta e attenta valutazione diagnostica. Non tutti i problemi che si manifestano con un alterato comportamento alimentare sono dei veri e propri disturbi dell’alimentazione. E’ importante fare una diagnosi differenziale sia con altre patologie psichiatriche, come la depressione o le fobie, sia con patologie internistiche, come il morbo celiaco o problemi endocrini.
La valutazione iniziale ha anche molti altri obiettivi di fondamentale importanza. Prima di tutto è il momento in cui si inizia a stabilire un rapporto di fiducia. La persona che si rivolge al centro specialistico ha bisogno di sentirsi capita, ma nello stesso tempo ha bisogno di sentire di essere in un centro dove questi disturbi sono conosciuti e affrontati con competenza. Non meno importante, nella fase di valutazione vengono raccolte tutte quelle informazioni che servono al terapeuta per poter capire quale sia il percorso terapeutico più adeguato e poterlo proporre alla persona che ha richiesto la visita.
La valutazione diagnostica ha in genere una durata di 2-4 visite svolte da uno psicologo o uno psichiatra del centro specialistico. La valutazione diagnostica indaga la storia del peso, le abitudini alimentari e gli atteggiamenti riguardo al cibo e al corpo; viene valutata la situazione sociale e familiare, il funzionamento scolastico o lavorativo, le relazioni interpersonali. Possono essere utilizzati oltre al colloquio anche altri strumenti come interviste e questionari autosomministrati.
Se si intravede il pericolo di complicanze mediche o se vi è un dimagrimento o una magrezza rilevante, la valutazione diagnostica va completata da una visita internistico-nutrizionale. Infine, se la persona con disturbo dell’alimentazione è minorenne o comunque vive con la famiglia, è indicata anche una visita per i genitori. Il coinvolgimento iniziale della famiglia è importante e serve a completare il quadro diagnostico, a cogliere il punto di vista dei familiari, a stabilire un’atmosfera di collaborazione in cui i genitori si sentano partecipi del programma terapeutico, facendo sì che la famiglia possa rappresentare un punto di riferimento anche nel caso in cui la paziente dovesse rifiutare o abbandonare la terapia.
Il trattamento
L’approccio più efficace per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è quello multidisciplinare e integrato. I disturbi dell’alimentazione sono disturbi psichiatrici con importanti manifestazioni psicopatologiche ed una alta frequenza di complicanze mediche: è quindi necessaria una collaborazione tra diverse figure professionali che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti.
Nel 2013, su richiesta del Ministero della Salute, un gruppo di lavoro italiano costituito da esperti nel settore, ha preparato un documento su “Appropriatezza clinica strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione” che descrive i principi fondamentali del trattamento di questi disturbi. Il documento è rivolto non solo agli esperti del settore ma soprattutto ai pazienti ed alla loro rete di sostegno e supporto. Il documento non è un’opera “finita”, quanto piuttosto un punto di riferimento teorico e procedurale aperto a spunti ed a contributi che possano consentire un arricchimento contenutistico ed il costituirsi di una rete di competenze coinvolte.
E’ possibile scaricare la versione PDF del documento attraverso il seguente link.
Le tappe fondamentali del trattamento nei disturbi dell’alimentazione sono ben riassunte dalle linee guida dell’American Psychiatric Association (APA, 2012):
- diagnosticare e trattare le complicanze mediche
- aumentare la motivazione e la collaborazione al trattamento
- aumentare il peso corporeo (nell’anoressia)
- ristabilire un’alimentazione adeguata
- affrontare gli aspetti sintomatologici (dieta, digiuno, vomito, abuso di lassativi, diuretici, iperattività)
- correggere i pensieri e gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo e al peso
- curare i disturbi psichiatrici associati al disturbo dell’alimentazione
- cercare la collaborazione e fornire sostegno ed informazioni ai familiari
- aumentare il livello di autostima
- prevenire le ricadute
I luoghi del trattamento
Il trattamento dei disturbi dell’alimentazione può essere svolto, a seconda delle necessità, in modo più o meno intensivo. E’ sempre una buona regola iniziare, salvo specifiche controindicazioni, dal trattamento meno intensivo (ossia il trattamento ambulatoriale) perché è il trattamento più efficace e quello che interferisce meno con la vita sociale della persona. Il trattamento ambulatoriale si può quindi considerare il trattamento di prima scelta: solo nei casi molto acuti o in quelli in cui il trattamento ambulatoriale non ha funzionato dovrà essere preso in considerazione un trattamento più intensivo, come il trattamento semi-residenziale in day-hospital o il trattamento residenziale.
Come scegliere il trattamento?
Il trattamento più adatto alla persona va scelto assieme ad un terapeuta di fiducia dopo una approfondita valutazione diagnostica. I fattori da tenere in considerazione sono molti: il tipo di disturbo, la situazione fisica, la presenza di complicanze, la durata di malattia, l’età, le aspettative della persona e le esperienze terapeutiche precedenti, la disponibilità di terapeuti e strutture adeguate vicino alla residenza, le caratteristiche di personalità e altre ancora.
Tecniche di trattamento:
– terapia cognitivo-comportamentale individuale e di gruppo
– psicoterapie psicoanalitiche
– terapia di riabilitazione cognitiva
Quando è necessaria un’ospedalizzazione?
La presenza di complicanze mediche può richiedere un ricovero in regime ospedaliero, che viene di solito effettuato in reparti di medicina (o nutrizione clinica). Questi ricoveri sono in genere relativamente brevi (2-3 settimane) e servono a curare o scongiurare il pericolo di gravi complicanze, ma non sono di solito di per sé sufficienti a ristabilire un peso corporeo adeguato. Possono avvalersi di nutrizione tramite sondino naso-gastrico o (più raramente) per via parenterale, a seconda delle necessità e dei tempi.
La scelta di svolgere un programma terapeutico in regime di ricovero in strutture ospedaliere o in strutture specialistiche a carattere riabilitativo viene operata quando sono presenti i seguenti criteri:
▪ Grave o rapida perdita di peso
▪ Complicanze mediche
▪ Frequenza molto elevata di crisi bulimiche, vomito ed uso improprio di farmaci
▪ Multi-impulsività, comportamenti autoaggressivi, elevato rischio suicidario
▪ Elevata comorbilità psichiatrica (asse I e II)
▪ Elevata conflittualità o scarso sostegno familiare
▪ Mancata risposta al trattamento ambulatoriale
▪ Lunga durata di malattia e fallimento precedenti trattamenti
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